Felicità raggiunta, si cammina per te sul fil di lana (E. Montale)
Felicità.
Se ne parla tanto, ma quanto è difficile guardarla negli occhi, questa felicità?
Io credo sia molto controversa.
A volte è scivolosa come fil di lana, a volte è ventosa, a volte un orizzonte.
Oppure sempre legata a qualcosa.
Sarò felice quando avrò raggiunto questo obiettivo;
sono felice quando sono vicina a qualcuno.
Esiste anche una felicità strana, con un sorriso amaro.
Quanto spesso succede, di star dentro una vaga malinconia, che sa di prevenzione, quasi protezione?
Scrivevo tempo fa:
(…)
Ogni volta strappo il foglio, lo accartoccio.
Dico basta, posso essere alba.
Ma la cosa ritorna, appuntita come spina.
Chirurgica, precisa.
Non so perchè continuo a portarmi dietro questo bagaglio, che mi affonda come masso.
Non so perchè continuo a riconoscermi lì dentro, quel perverso senso di noto, che anche se cupo, odiato, mi dico familiare.
A volte sento così la tristezza, l’insicurezza, la pesantezza.
E spesso questi sentimenti si accendono proprio quando mi penso felice.
La vedo ammaliante, questa agitazione.
E mi lascio convincere che quel che sento può addirittura tenermi al sicuro.
Una volta, un mio maestro ha chiesto:
“per quanto tempo riuscite ad essere felici durante la giornata?”
E ho riflettuto, su quanto sia semplice lasciarsi andare alla rabbia, alla frustrazione, all’apatia, per le piccole, grandi situazioni quotidiane.
Nello Yoga: Mana Prasāda e Santoṣa
Nello Yoga si parla di Mana Prasāda, uno stato di serenità mentale, di quiete interiore che non dipende dagli eventi esterni.
La mente, quando è in equilibrio, non è in balia delle emozioni che ci trascinano di qua e di là.
È calma, stabile.
Ci può aiutare distaccarci un po’ dai nostri pensieri, osservarli senza identificarci con essi o con le emozioni che ci rilasciano.
Nello Yoga, questo principio è espresso dal concetto di osservatore e osservato: non siamo i nostri pensieri, ma coloro che li osservano.
Questo spostamento di prospettiva può aiutarci a prendere le distanze dalla sofferenza e dalla reattività emotiva che originano dalla mente.
Credo che non ci rendiamo pienamente conto di quanto rimaniamo intrappolati nella nostra mente, capace di diramarsi ovunque dentro di noi, fino a crederci i nostri pensieri.
Come descritto nella Bhagavad Gītā (6.6):
“Per colui che ha conquistato la mente, la mente è la migliore amica; ma per colui che non l’ha fatto, la mente rimane la peggior nemica.”
Quando smettiamo di identificarci con le fluttuazioni della mente, iniziamo a sperimentare Mana Prasāda, quella leggerezza che non è dipendente dagli eventi, ma radicata in una pace interiore più profonda.
Possiamo iniziare a pensare, che dentro, racchiusi come in conchiglia, proteggiamo un silenzio accogliente e una serenità semplice.
Ed esiste il modo di accedere a questo.
Attraverso la pratica, attraverso la consapevolezza.
Ma anche attraverso disciplina, pazienza, fiducia e curiosità.
Cadendo e rialzandoci tante, tante volte e anzi, riconoscendo in queste innumerevoli cadute una parte fondamentale dell’intero processo.
Nel Niyama, le osservanze etiche dello Yoga, troviamo Santoṣa: il principio della contentezza.
Essere in pace con ciò che si ha, con ciò che si è.
Non riduciamo questo concetto all’accontentarsi in modo passivo. Lo vedo piuttosto come un’intenzione, una centratura.
Accompagnare Santoṣa al continuo approfondimento di se stessi, con l’obiettivo di tracciare una strada; e poi camminarci lenti ma con sguardo verso la pienezza del momento e non verso un’attesa di un futuro migliore.
Anche creare dei piccoli spazi consapevoli durante la giornata, ripetuti e gustati, possono aiutarci a vivere nella contentezza.
Azioni e gesti quotidiani che ci riportano a un sentire, accuditi come a casa.
Come la pratica, il gustarci un pasto, fare qualcosa di semplice ma solo per noi.
Ringraziare ogni sera, di ciò che stato l’oggi che si addormenta.
Non sottovalutiamo quanto il rallentare e il silenzio ci possano aiutare, con calma, a pensare in modo diverso, o meglio, ascoltare, con pazienza verso una ricercata serenità.
“La pazienza è la virtù
di chi non sa se verrà la felicità
e la cerca lo stesso,
come il fiore cerca la luce.”
A. Merini