Ricercare i dettagli per aumentare la consapevolezza, non il perfezionismo

 Il perfezionismo alimenta l’ego, la consapevolezza nutre l’espressione autentica di sé.

Quando pratichiamo yoga, possiamo scegliere se rincorrere un’idea di perfezione – la postura “esatta”, il movimento impeccabile – oppure affinare la percezione e imparare ad ascoltare.

Questa differenza è ciò che trasforma la pratica da un semplice esercizio fisico a un vero strumento di esplorazione e crescita.

Me ne sono resa conto attraverso un aspetto della pratica che mi ha aperto a questa riflessione: la flessibilità.

Per molto tempo ho avuto l’impressione che il corpo non riuscisse a superare quel che ormai ritenevo la mia “struttura”. 

Così ho iniziato a rallentare.

Non si trattava più di “spingere di più”, ma di ascoltare meglio. Di percepire le tensioni più sottili, di comprendere la direzione in cui lasciarmi andare, di affinare la mia presenza nei piccoli aggiustamenti. 

L’attenzione ai dettagli ha trasformato il mio modo di vivere il movimento, ma non in un attimo: ci sono voluti ascolto, pazienza e fiducia nel processo.

L’attenzione ai dettagli non è solo un principio yogico, ma ha una solida base scientifica. 

Si tratta infatti di comprendere che la consapevolezza corporea dipende dall’interazione tra due sistemi fondamentali:

    • Propriocezione – la capacità del corpo di percepire la propria posizione e il movimento nello spazio;

    • Interocezione – la percezione degli stati interni, come il battito cardiaco, la respirazione e le tensioni muscolari.

Questi due sistemi non sono statici, ma si allenano e si affinano

Più sviluppiamo la nostra capacità di ascolto, più il corpo impara a muoversi con efficacia, fluidità ed equilibrio, ottimizzando non solo le prestazioni motorie, ma anche la regolazione del sistema nervoso.

Questa qualità di attenzione è essenziale non solo per la pratica dello yoga, ma anche per chi affronta un percorso di cura o un cambiamento fisico significativo.

Non si tratta solo di eseguire posture, ma di imparare a essere presenti nel corpo con gentilezza, senza giudizio, rispettando i propri tempi.

Dedicarsi tempo e spazio significa dare al sistema nervoso l’opportunità di riequilibrarsi, favorendo un processo di guarigione, accettazione o adattamento ai cambiamenti.

Nella filosofia yogica, il vero lavoro non è nel risultato, ma nell’intenzione e nella qualità dell’azione.

 

Come insegna la Bhagavad Gita (2.47):

“Il tuo diritto è solo nell’azione, mai nei suoi frutti.”

 

Se la mente è proiettata su dove vogliamo arrivare, ci perdiamo il processo. Ma se impariamo a stare nel dettaglio, nel respiro, nel gesto, la pratica diventa un percorso di trasformazione naturale, che accade senza forzature, senza aspettative, senza giudizio.

“Lo yoga non cambia solo il modo in cui vediamo le cose, trasforma la persona che guarda.” – B.K.S. Iyengar

Ricercare i dettagli non significa inseguire la perfezione, ma affinare la qualità dell’azione.

È attraverso questo processo che la consapevolezza si sviluppa, nel corpo e nella mente.

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